Avevo più o meno 12/13 anni, ricordo solo qualche scena: un lungo corridoio che costeggiava un grande tatami verde acqua, che conduceva ad una stanza. Una stanza scura, dove prevaleva il colore del rovere sul pavimento. Lì, per la prima volta ho (ri)incontrato lo yoga. Non ricordo nulla se non il sapore che mi aveva lasciato, come fosse una piccola impronta.
Ero in quella stanza con mia madre insieme ad un altro gruppo di persone a praticare Yoga mentre mio fratello era sui tatami a fare judo. Non ricordo null’altro.
A 18 anni sentii la necessità di prendermi cura di me. Era un periodo (internamente) burrascoso. La prima relazione che si conclude, e io che inseguo la mia identità. Mi sentivo in un grande loop (sensazione che passò almeno 10/15 anni dopo).
Mi ritornarono nei pensieri quelle immagini di anni prima, e cercai un insegnante di yoga. Venti anni fa (se non di più) lo Yoga non era così fruibile come ora e la ricerca non fu così semplice.
Finalmente trovai l’insegnante e il gruppo. Grazie alla pratica cominciai a prendere dimestichezza con il mio corpo, a conoscerlo: mi ricordo che da un angolino in fondo nella sala, la mia postazione divenne più centrale. Trovai la strada, come se finalmente avessi trovato la strada che mi avrebbe portato a casa.
Passò poco tempo e si fissò dentro di me il forte desiderio di insegnare Yoga per portare agli altri ciò che avevo trovato io: era tutto molto più semplice di quello che avevo sempre creduto, gli strumenti di guarigione sono dentro di noi.
Nessuno me l’aveva detto e questa scoperta, che mi portò alla guarigione fisica, mi portò la spinta per realizzare un centro yoga. Quell’immagine, fissa, nitida, del mio centro, dell’insegnare a tante persone mi accompagnò quasi da subito. Era una certezza, era casa. Nulla poteva mettere in discussione quel mio sentire.
Intanto continuavo a studiare, mi laureavo, ma allo stesso tempo mettevo energia, impegno e costanza alla creazione di quella immagine. Sapevo che sarebbe arrivata, non avevo fretta. Non ho mai sentito una certezza così grande come quella.
Feci i corsi per potere insegnare. Intanto ero diventata Ingegnere. Lavoravo tra lo studio ed i cantieri e nelle pause insegnavo yoga oppure praticavo. Le mie giornate lavorative duravano 18 ore ma io andavo a dormire felice per i passi che stavo facendo.
Dopo 6/7 anni, la vita mi presentò un bivio, come spesso accade alle persone cocciute come me: decisi di lasciare il lavoro ordinario e aprire il mio centro yoga per comunicare e passare alle altre persone quello che avevo compreso io. E oggi sono un’insegnante di yoga. E ogni giorno cerco, per quello che posso, di trasmettere agli altri i piccoli passi di consapevolezza che ho fatto io. E non vi è più distinzione tra il mio lavoro e quello che sono.
E da tutto questo ho compreso nel mio cuore, che se una persona desidera nel proprio profondo fare qualcosa, arriva.
Non esiste impossibile. Non esiste spazio tempo. E’ già tutto dentro il nostro cuore.
Claudia Munari
“Una di quelle anime che sai semplicemente di conoscere da sempre e che ringrazi per essere al tuo fianco” F.